Giugno 16, 2015

TEMPI IBRIDI ~ “In visita d’istruzione all’asset comunitario”

In visita d’istruzione all’asset comunitario

“Lupus in fabula” come si suol dire. Nel bel mezzo della visita al cantiere della ex Polveriera di Reggio Emilia – uno dei più importanti investimenti della cooperazione sociale su asset immobiliari da destinare ad attività di interesse collettivo – giunge la notizia che il demanio dello Stato intende avviare un progetto su larga scala per il riuso di beni immobili dello Stato e di amministrazioni locali. Tra i beneficiari anche i soggetti di terzo settore, facendo leva su un paio di articoli del decreto “sblocca Italia” che, a suo tempo, avevamo segnalato qui su Tempi Ibridi.

Il driver del riuso immobiliare diventa sempre più importante come elemento costitutivo di un modello di crescita che, se opportunamente implementato, incide non solo sullo sviluppo dell’economia e dell’occupazione, ma anche su fattori intangibili come la coesione sociale, l’attivismo civico, il benessere delle comunità e dei territori. Senza questi ultimi fattori, infatti, è più che concreto il rischio che la rigenerazione decada a mera iniziativa immobiliare.

C’è quindi molta cultura e sapere nonprofit da introiettare nei progetti di riuso e, da questo punto di vista, esperienze come ex Polveriera sono cruciali perché il loro impatto candida l’imprenditoria sociale a svolgere il ruolo di developer del patrimonio dismesso e inutilizzato e non di semplice epigono di processi dove il sociale è marginale (o peggio strumentale a interessi speculativi).

La visita di Reggio Emilia è stata quindi utile per registrare “in presa diretta” le acquisizioni di un’esperienza matura, che ha superato cioè la fase dell’innesco – individuazione del bene, azioni di community engagement, primi test di rigenerazione temporanea – e si trova ben oltre la metà dell’opera, quindi a un punto di non ritorno: cantiere aperto, per capirci, e all’orizzonte l’inaugurazione dei nuovi spazi.
Di particolare interesse era la composizione della delegazione che si muoveva nel cantiere e, con prudenza, si arrampicava sui ponteggi. In primo luogo la guida rappresentata dall’architetto che ha progettato il riuso strutturale e funzionale. Emblematica anche per il profilo di ruolo: un vero e proprio “soggetto multilocale”: nato nel quartiere dove si trova l’immobile ma con lo studio a Londra. In grado quindi di catturare con più facilità la dimensione storico culturale del bene interpolandola con i flussi dell’architettura globalizzata. Davvero una risorsa preziosa, anche per il dialogo con la seconda figura di spicco: l’imprenditore sociale che guida la coalizione che ha fatto l’investimento, mettendo mani al portafoglio, ma anche spremendo le meningi cioè mettendo a valore la capacità progettuale di una rete che non è solo aggregato di interessi ma intelligenza collettiva, in modo che ex Polveriera possa rivivere grazie a un “bouquet” di attività che nel loro insieme generano economie a elevato impatto sociale. E’ quindi l’uomo con il “cerino in mano” che cerca di tenerlo acceso grazie a un dialogo di lungo periodo con tre diverse amministrazioni comunali (e relativi assessorati), con la propria rete consortile (chiamata a sostenere il processo, pur viaggiando a velocità diverse) e alla caccia di altri investitori (soprattutto in campo for profit) che vogliano realizzare un autentico “shared value”. Tutto questo naturalmente si riflette sul progetto, continuamente adattato in corso d’opera, non solo rispetto ai vincoli architettonici ed urbanistici, ma anche a quelli della destinazione d’uso sociale. A proposito di quest’ultima dimensione, va ricordato che il grosso della delegazione era composto da volontari e operatori che lavoreranno nelle strutture sociali ospitate a fine lavori. Persone per cui lo spazio fisico si definisce in spazio di relazione, ben al di là di là delle prescrizioni normative s’intende!

Un po’ defilati rispetto al gruppo, ma tutt’altro che secondari, c’erano altri due importanti soggetti: il referente locale dell’istituto di credito che ha finanziato l’iniziativa e un esponente del corpo intermedio che rappresenta le cooperative impegnate nella rigenerazione. Una variabile, quella finanziaria, che nella rigenerazione può manifestare il suo profilo più autentico di “impact investor” capace di sostenere processi caratterizzati da modelli di business e di valore sociale complessi, ben oltre l’orizzonte dell’efficientamento della spesa pubblica. Mentre nel caso dell’organizzazione di rete il tema, più che la rappresentanza degli interessi o l’erogazione di servizi a supporto, riguarda la scalabilità di iniziative chiamate a rafforzarsi e diffondersi in primo luogo all’interno di ecosistemi cooperativi.

Una visita istruttiva quindi. Perché se è vero che la rigenerazione sociale chiude la fase sperimentale e si configura come una vera e propria industry, ex Polveriera e altre best practices simili hanno da insegnare soprattutto per la capacità di valorizzare competenze e risorse che accelerano e consolidano lo sviluppo. Risorse che necessariamente si generano non solo nei contesti locali e settoriali, ma attraverso ibridazioni di più ampio raggio. Solo così il riuso degli spazi si accompagna alla trasformazione dei rapporti economici e sociali. Che è la vera sfida di queste iniziative…

Flaviano Zandolani

Fonte: TEMPI IBRIDI